Centro Studi " Il Risveglio",  cultura,  politica,  società,  storia

PRIMA DELLA TAV CI SONO ALTRE PRIORITA? L’ABRUZZO ASPETTA UNA FERROVIA DAL 1921

 

 

di 

Peter D’Angelo

 

Dal libro “IL SUD DEVE MORIRE?”    di CARLO PUCA

“Il mio è un grido di dolore che era nato come una provocazione, ma ora comincio a pensare che sia bene far ‘morire Sansone con tutti i filistei’. Il Sud ha tante energie, ottime persone, ma la maggioranza dei meridionali si è assuefatta al sistema, il fatalismo che aveva un coteau aulico è ormai diventato assuefazione: e come fai a risvegliare questo bene sopito? Facendo morire il Sud e così muoiono anche i cattivi, a quel punto l’intero sistema italiano ed europeo si accorge che quella regione esiste. Muore il Nord, perché la Lombardia esporta il 60% di beni e servizi al Sud. Muoiono le mafie che così non hanno più interesse e vanno da un’altra parte. Gli industriali che arrivano al Sud solo per prendere le prebende di Stato non vengono più. I sindacalisti che difendono solo i posti di lavoro garantiti e non guardano le finestre accanto dove vivono le sartine che abitano e lavorano nei sottani, le donne che muoiono a causa delle vernici industriali. Credo che l’unico compito che rimane alla mia generazione, che è quella tra 40 e 50 anni, sia quello di costruire una società migliore. Nel 2050 vivranno solo 12 milioni di persone al Sud, il Sud si sta spopolando.Itedeschi dopo la seconda guerra mondiale sono usciti a pezzi, ma dopo 15 anni erano già tornati a rappresentare una potenza mondiale. Per fare ciò hanno dovuto togliere il tappo del Nazismo. Possiamo prendere come esempio la Grecia: noi abbiamo passato mesi a parlare del fallimento totale, ma la Grecia sta messa meglio del Sud Italia, sta tornando ad avere una sua forza, anche ideale, immaginifica. Al nostro Sud invece nulla. Stiamo passando il nostro tempo a parlare di Roma, della sindaca Raggi, ma Roma ha forse una piccola percentuale dei problemi che ha il Sud Italia. Forse l’unico modo rimasto per parlare del Sud è provocare.

Attorno a questa indifferenza nascono dei piccoli ‘capetti’ o ducetti, tipo quelli che dicono che il Sud si ricostruisce con il turismo, ma l’impresa così è un tantino difficile. Non esiste un posto al mondo, con i numeri del Sud, che possa reggersi tutto sul turismo. L’Italia è già ai primi posti a livello mondiale per il turismo. Dovresti spostare turisti dal Nord al Sud Italia, ma devi costruire i servizi, le infrastrutture, le ferrovie. Nello specifico, non è che non ci sono solo infrastrutture, servono innanzitutto le strutture. Faccio un esempio: come mai i turisti inondano posti come Capri e Taormina? Forse perché lì si sono create punte di eccellenza con servizi; ed ora anche la Puglia inizia a migliorare su questo,diventando un punto di riferimento. Ma tornando con i piedi per terra: se si guarda ai dati di produzione e di esportazioni di quest’anno puoi verificare che la Basilicata e il Pil del Sud si reggono sulla Fiat di Melfi e sul petrolio lucano, e non sul turismo. La Puglia fattura solo 400 milioni di euro con il turismo degli stranieri, il Lago di Garda da solo fa lo stesso numero di turisti stranieri del Sud Italia. Il Sud ha i due terzi delle coste italiane, ma il Nord Est fa da solo i due terzi del turismo balneare italiano. E l’Abruzzo? Qui si muove poco ossigeno. Ho visitato Lampedusa la prima tappa europea di chi fugge dalle terre del Nord Africa e dall’Isis, ma dove per gli italiani è difficile nascere – manca un punto nascite – e anche persino morire; Castel Volturno, cittadina campana dove regna l’abbandono dello Stato, con la disoccupazione giovanile che arriva al 90%; Viggiano, capitale del petrolio lucano, che nonostante gli introiti delle royalties del petrolio non è mai decollata; Barletta, dove il 3 Ottobre del 2011 morirono 5 ragazze che lavoravano per un maglificio abusivo in uno scantinato (sottano) di una palazzina che crollò; e poi i casi de L’Aquila, dopo il terremoto, e Papasidero, altra occasione mancata, questa si di turismo culturale.”

 

La campagna stampa per la nascita di una ferrovia diretta Teramo-Roma è nata dalle pagine del quotidiano socialista Il Risveglio, quasi un secolo fa. C’era ancora il Governo Giolitti (1921), che durò in carica un annetto scarso, un esecutivo dal fiato corto che non è riuscito a farsi carico di progetti strutturali e urgenti.

Eppure, ancora oggi, parrebbe che le priorità siano sempre altre, dalla Tav al Tap, ben 430 grandi opere pubbliche (su 630 totali, in corso di sblocco) sono al nord. Un centinaio al sud. Poco e niente in proporzione. Il sud finanzia le opere del nord… e non il contrario. I numeri sono neutri, fotografano la realtà senza appalti ideologici. Ma un intero moncone del belpaese è in asfissia, claudica, ha svantaggi cromosomici, sempre gli stessi da cent’anni a questa parte. Dal 1921 nemmeno un traversina è stata posata.

 

Senza grandi sforzi di impaginazione si può utilizzare la stessa identica campagna stampa – d’inizio XX secolo – per chiedere oggi come allora un diritto che dovrebbe essere scontato: una rete ferroviaria che dia ossigeno e porti connessioni, velocità, produzione, posti di lavoro, sviluppo. In una regione in grande difficoltà occupazionale, in particolare segnata dall’emorragia di interi blocchi generazionali – laureati e masterizzati – a causa di scarse opportunità sul territorio. Da Teramo a Roma ci vogliono più di 3 ore con il Bus, se va bene, senza intoppi. Con la macchina due ore circa. E con il treno? Un centinaio di anni. Basterebbe solo pensare a quanti sono i professionisti costretti a vivere nella capitale per lavoro e che, invece, potrebbero tranquillamente vivere da pendolari o magari – miraggio iper-glicemico – pensare addirittura di aprire un’attività in Abruzzo. Non meno importante sarebbe poter rilanciare le aree montane, storicamente in difficoltà, punite severamente dal terremoto del 2016 e in piena crisi economico-sociale (il rischio spopolamento è altissimo).  La linea ferrata Roma–Teramo (Via L’aquila e sino al mare adriatico – Giulianova-) potrebbe davvero rappresentare un volano di sviluppo per veder sbocciare nuove speranze o, nei casi più complessi, nuove rinascite.

E’ di tutta evidenza che la dimensione della regione e l’esiguo numero dei suoi abitanti non sono certo d’aiuto per favorire un’opera dai costi certamente molto elevati, ma non deve essere questo il rapporto per valutare l’investimento. In Ballo ci sono interessi decisamente più importanti. L’edizione del giorno 11 luglio 1922 de “Il Risveglio” titolava: “Il Diritto del popolo abruzzese”. Il Diritto di essere competitivi.

Investire è sinonimo di futuro; possiamo immaginare che nel 2050 anni il collegamento con la capitale sia solo ed esclusivamente su gomma? E’ questa la visione di mobilità sostenibile che abbiamo?

In Germania nel 2018 è già stato introdotto un treno ad idrogeno, sulla stessa scia si allineano in paesi nord europei, segnando un passo in avanti molto marcato anche nell’attenzione posta alla qualità del trasporto ferrato.

Possiamo, quindi, immaginare lo sviluppo di una tratta complessa dal punto di vista geologico, quale sarebbe la Roma–L’Aquila-Teramo, come  “cantiere sperimentale per la mobilità ferrata Green”?

 

Il report 2016 della corte dei conti europea sottolinea:

“… i trasporti hanno anche un impatto negativo sull’ambiente e sulla qualità della vita dei cittadini dell’UE.
I trasporti sono causa di circa un terzo del consumo energetico e delle emissioni totali di CO2 nell’UE. La promozione di modalità di trasporto efficienti e sostenibili, come il trasporto su rotaia o per vie navigabili interne, piuttosto che su strada, permetterebbe all’Europa di essere meno dipendente dall’importazione di petrolio e di ridurre l’inquinamento. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, le emissioni di CO2    provenienti dal trasporto ferroviario sono 3,5 volte inferiori, per tonnellata-chilometro, a quelle prodotte dal trasporto su strada. “

prosegue, “Modalità di trasporto più sostenibili favorirebbero, inoltre, non solo la diminuzione dei costi associati alla congestione stradale, destinati ad aumentare, secondo le stime attuali, di circa il 50 % entro il 2050, raggiungendo i circa 200 miliardi di euro all’anno, ma anche la riduzione del numero di vittime legate ai trasporti.“.

Si riparta, dunque, dal quel 1921; dalla speranza che il coro di necessità di un’ampia parte del popolo abruzzese, ma anche delle marche ascolane, venga finalmente ascoltato.  L’Abruzzo non può attendere altri cento anni, ha bisogno presto di fare il salto in avanti, di diventare una vera regione europea. Il pallino è, chiaramente, in mano ai rappresentanti politici, locali e nazionali, che dovrebbero far propria questa battaglia. Ci vorranno anni, ma speriamo non cent’anni.

 

 

 

 

 

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