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MAZZINI EDUCATORE

 

 

 

IL 14 MARZO 1921 LA PRIMA PAGINA DE “IL RISVEGLIO” RIPORTA LA COMMEMORAZIONE SUL MAZZINI TENUTA DAL PROF.

“Il Risveglio” – ed. 14 marzo 1921

NAVARRA-CRIMI IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DELLA MORTE DEL PATRIOTA GENOVESE, AVVENUTA IL 10 MARZO 1872. RIPORTIAMO ALLA LUCE QUESTA PREZIOSA TESTIMONIANZA IN OCCASIONE DEL 160 ANNIVERSARIO DELL’ADOZIONE DELLA BANDIERA ITALIANA.

 

 

La sera del 10 corr. Il presidente dell’ U.P. – prof. G. Navarra Crimi commemorò pei soci di questo Istituto, accompagnato ormai dal crescente favore della cittadinanza, la morte di G. Mazzini. Egli si era proposto di riguardare il Grande patriota da uno solo dei lati della sua complessa figuramorale e , più precisamente, si era proposto di far paralre di Mazzini  stesso come teorico dell’Educazione e come educatore.

Siamo lieti di riportare la lezione quasi integralmente.

 

G.Mazzini, Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872

Quando alcuni giorni or sono, – ha detto il prof.Navarra- Crimi- dolente di non poter qui sentire insieme a voi la parola di qualcuno fra i più Grandi d’Italia per una solenne commemorazione di G.Mazzini ebbi a promettervi di parlarvene io stesso, sentii dentro di me una grandissima trepidazione e anche un po’ di sgomento. Il grave compito che mi sono assunto è impari, se non alla mia fede, certo alle mie forze.

Ma io non potevo, non dovevo lasciar passare la ricorrenza della morte del più grande Educatore, che abbia avuto l’Italia senza richiamare a Lui la vostra attenzione. E l’idea di un dovere da compiere mi fece temerario.

Valgami l’amore per questo vostro Istituto e la fede mia incorruttibile nel più grande avvenire del popolo italiano a farmi perdonare. Altri vi parleran forse di Mazzini, e la commemorazione avrà carattere politico.

Io farò qui, conforme alla natura dell’U.P., parlare Mazzini stesso, io richiamerò innanzi a voi tutta la grandezza e la profondità della sua parola e del suo pensiero. Chè io credo, del resto, si commemori assai meglio un Grande, riportandololo tutto intero, quanto è possibile, nella sua individualià psichica e morale o politica innanzi all’uditorio.

E , d’altra oparte, io penso che qualunque partito italiano, quando vorrà far del bene all’Italia, dovrà ispirarsi a quella grande fonte d’italianità e d’umanità  che è l’opera di Mazzini.

E poiché non sarebbe possibile portar qui tutta l’opera di Lui, vastissima e profonda, io ho scelto una fra le sue pagine più belle, tolta a quel piccolo monumento di grandezza mai più raggiunta in questo secolo che sono i Doveri degli uomini, scritti dal Grande Genovese sul declinare della vita infelice  e travagliata, quale un compendio di dottrina e di fede illuminato dalla triste e sanguinosa esperienza degli anni che precedettero immediatamente il 1860.

E prima lasciate che io tolga a Giosuè Carducci, in brevi scultoree parole, una definizione, una biografia, che solo un poeta, che solo il Carducci tra i poeti nostri potea dettare di Mazzini.

 

X MARZO MDCCCLXXII

L’ULTIMO

DEI GRANDI ITALIANI ANTICHI

E IL PRIMO DEI NUOVI

IL PENSATORE

CHE DI ROMA EBBE LA FORZA

DEI COMUNI LA FEDE

DEI TEMPI MODERNI IL CONCETTO

L’UOMO DI STATO

CHE PENSO’ E VOLLE E RICHREO’ UNA LA NAZIONE

IRRIDENTI AL PROPOSITO SUBLIME I MOLTI

CHE ORA L’OPERA SUA ABUSANO

IL CITTADINO

CHE TARDI ASCOLTATO NEL MDCCCXLVIII

RINNEGATO E OBLIATO NEL MDCCCLX

LASCIATO PRIGIONE NEL MDCCCLXX

SEMPRE SU TUTTO DILESSE LA PATRIA

L’UOMO

CHE TUTTO SACRIFICO’

CHE AMO’ TANTO

E MOLTO COMPATI’ E NON ODIO’ MAI

GIUSEPPE MAZZINI

DOPO QUARANT’ANNI DI ESILIO

PASSA LIBERO PER TERRA ITALIANA

OGGI CHE E’ MORTO

O ITALIA

QUANTA GLORIA E QUANTA BASSEZZA

E QUANTO DEBITO PER L’AVVENIRE

 

 

Se io volessi illustrare questa epigrafe che il Carducci incise col bulino dell’ira nelle pagine della storia dell’Italia una, politicamente, ma non

G.Carducci, Valdicastello, 27 luglio 1835 – Bologna, 16 febbraio 1907

ancora , purtroppo, spiritualmente, farei opera vana, chè non si potrebbe dir meglio di Lui, e irriverente.

Lasciate quindi che io non dica di più, lasciate che io dia la parola al Mazzini e seguitemi con quel raccoglimento che pervade il pellegrino quando volge il pensiero a Dio nel tempio più mistico di tutta la cristianità, nella Basilica di S.Francesco in Assisi.

Chè non è possibile penetrare l’opera mazziniana se l’anima non è capace di misticismo, se l’anima non è capace, anche per un momento solo, di sollevarsi alla purezza dell’idea del bene altrui.

 

Mazzini ebbe una fede, la sua fede, e non si può comprendere l’opera di Lui senza conoscere quella fede che Egli volle insegnare e insegnò a tanti altri. Per Mazzini Dio esiste percheè esiste. Ma è il Dio del bene, origine e fine della vita. Non vi ha nulla che non derivi la sua ragione da Dio. Non vi ha sovranità nel mondo, negli uomini singoli, o nella società. Dio è il sovrano. La legge del bene  è la sua legge, la sola, l’unica legge che deve governare  il Mondo. Uomini e società si integrano a vicenda perché la missione a ciascuno affidata sia adempiuta nella maniera migliore.

Ma chi conosce, chi può conoscere la legge di Dio? Non gli uomini , non la società; ma gli uomini e la società insieme.

Il grido della coscienza dell’individuo non basta in ogni stato di cose e senz’altra norma a rivelargli la legge. Ma “dovunque il grido della vostra coscienza è ratificato dal consenso dell’Umanità, ivi è Dio, ivi siete certi di avere in pugno l’umanità: l’uno è verificazione dell’altro.”

Questo il fondamento primo della dottrina mazziniana, profondamente umano, non trascendente, realistico anzi direi. Che altro è infatti la legge storicamente considerata, se non una volontà unica nascente dall’incontro di tutte le volontà, se non la manifestazione della coscienza generale? E che vita hanno le leggi se non rispondono alla coscienza generale? Non sono esse fatte perché siano violate, o perché, nel coattivo rispetto di esse, resti violata le legge di Dio?

Ma perché i singoli possano trovare nella propria coscienza un grido di umanità, perché possano comprenderlo e possano anche vedere se esso si incontri nel consenso dell’umanità, pccorre che essi siano educati e prima e contemporaneamente istruiti.

Educazione; è la grande parola –Egli dice- che racchiude tutta quanta la nostra dottrina. La questione vitale che si agita nel nostro secolo è una questione d’educazione. Si tratta non di stabilire un nuovo ordine di cose con la violenza; un ordine di cose stabilito con la violenza è sempre tirannico, quand’anche è migliore del vecchio. Si tratta, invece di produrreinvece di produrre al consenso della Nazione , messo in libertà di esprimere la sua volontà, l’ordine che par migliore e di educare con tutti i mezzi possibili gli uomini a svilupparlo, ad operare conformemente”.

E ancora, egli dice “convincetevi che senza istruzione , voi non potete conoscere i vostri doveri, il cui complesso è la legge di Dio e dai quali soltanto possono derivare i vostri diritti; convincetevi che dove la società vi contende ogni insegnamento, la responsabilità d’ogni colpa è, non vostra , ma sua: la vostra incomincia dal giorno in cui una via qualunque all’insegnamento vi aperta e la negligerete; dal giorno in cui vi si mostrano i mezzi per mutare una società che vi condanna all’ignoranza e voi non pensate ad usarne. Non siete colpevoli perchè ignorate, siete colpevoli perchè vi rassegnate ad ignorare”.

 

Genova, cimitero di Staglieno tomba di Giuseppe Mazzini

Qui l’oratore legge e commenta le bellissime pagine dei Doveri degli Uomini intitolate all’Educazione, e conchiude:

 

Come avete visto, non ho per nulla toccato quello che puramente politico c’è nella dottrina mazziniana. Esso a me pare, invero, contingente. Io vi ho parlato invece di ciò che di Lui resterà in eterno.

Ciò non di meno ricorderò che soltanto la preparazione di Mazzini potè dare alla storia e all’Italia le glorie di Garibaldi e dirò che, se sulla salma del Grande Genovese, prima che scendesse nella pace di Staglieno, s’inchinò la bandiera dei Mille, non sarà mai vero che in tutti i grandi momenti della Patria nostra la bandiera d’Italia, qualunque, nei secoli venturi, essa sia, non si inchini profondamente al nome di Lui.

 

A questo punto l’uditorio che aveva seguito la lezione con vivissima attenta commozione, scoppiò in un lungo e caloroso applauso

 

Teramo 14 marzo 1921

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